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  • Immagine del redattoreLaura Ctt

Madre Terra

Aggiornamento: 30 set 2021

Il sistema mi ha svegliato. Mi stropiccio gli occhi, non so se siamo arrivati. Apro un occhio solo e stacco il sistema di supporto vitale dal braccio. Nessun allarme. Resto ancora disteso e do al mio corpo il tempo di riappropriarsi di sé stesso. Apro entrambi gli occhi e mi metto seduto. Non so ancora quanto sono rimasto in sospensione questa volta. Il sistema dovrebbe svegliarmi una volta ogni sei mesi per controllare i sistemi di supporto vitale, la rotta e qualsiasi altra cosa di cui non volesse prendersi la responsabilità chi l'ha progettato. Mi dirigo in plancia e avvio le procedure base.

«Sistema esegui rapporto apparati nave.»

Alla mia voce la nave accende il monitor e mi mostra le righe con i dati che sta scansionando. Numeri e lettere passano davanti ai miei occhi ad una velocità che mi è impossibile leggere.

«Eseguito.»

«Sistema, esponi il risultato.»

«Funzionamento apparati: regolare. Scorta d'acqua: diminuzione del dieci percento, in linea con le previsioni di consumo.»

Bene, quindi non mi ha svegliato per un mal funzionamento.

Sul monitor scorro i valori della scansione. Non ci sono anomalie. Controllo l'ultimo aggiornamento che ho fatto al diario di bordo. Sono passati quattro mesi.

«Sistema, esegui rapporto stato di viaggio e controllo della rotta.»

«Eseguito.»

«Sistema, esponi il risultato.»

«Rotta in linea, destinazione raggiunta, nave in orbita stabile.»

«Cosa? Sistema, ripeti.»

«Rotta in linea, destinazione raggiunta, nave in orbita stabile.»

«Sistema, apri le schermature della plancia.»

Le schermature della plancia si alzano. Trattengo il respiro, gli occhi si riempiono di lacrime. È come se tutto il mio DNA riconoscesse il luogo da cui ha avuto origine. La Terra blu e verde è circondata dal tenue chiarore azzurrognolo dell'atmosfera.

«Sistema, avvia scansione pianeta.». Dietro di me sento un fruscio.

«Ci siamo, Karl?» La mia compagna sbadiglia stiracchiandosi.

Sorrido e aspetto che apra del tutto gli occhi.

«Tu che dici?»

«Cazzo! È lei? È meravigliosa.» Si sporge sopra il piano comandi come se così potesse vedere di più. Poi comincia a pigiare i tasti sulla consolle.

«Ho appena avviato la scansione, dovrebbe darmi l'esito fra poco.»

Tamburello le dita sulla coscia, Angie fissa il monitor. Sorrido al pensiero che stia cercando di leggere i dati mentre le scorrono veloci davanti.

«Eseguito.»

Per un attimo restiamo in silenzio.

«Karl?»

«Scusami. Sistema, esponi il risultato.»

«Pianeta: Terra. Aria: respirabile. Inquinamento atmosferico: Nessuno. Radiazioni: Nessuna.» Quello che voglio sapere è altro, trattengo il respiro. «Segni vitali sul pianeta: presenti.»

«Angie?» Non devo aggiungere altro.

«Non è detto che sia vita umana, Karl, è passato molto tempo.»

«Lo so ma nulla può impedirmi di sperare. Attivo le procedure per l'atterraggio.»

«Va bene, io verifico di nuovo che i pannelli termici non siano danneggiati, non vorrei che qualcosa ci avesse urtato durante il viaggio.»

Angie fa una smorfia. «Certo sarebbe triste morire bruciati atterrando.»

«Eseguito.»

«Karl, ci sarà pur il modo di fargli dare il risultato direttamente, è snervante.» È un problema stupido ma capisco perché preferisca pensare a questo piuttosto che a quello che stiamo per fare.

«Indossiamo la tuta da esplorazione. Meglio essere prudenti.»

È la procedura, una precauzione, molte cose possono cambiare in cinque secoli. La mia è anche scaramanzia non voglio abbandonarmi ancora all'illusione e alla speranza.

«Coraggio iniziamo.» Imposto la rotta e cominciamo ad avvicinarci al pianeta.

A poco a poco la parete trasparente della plancia si riempie, mostrando solo la Terra, come se lo spazio e le stelle per noi non avessero più importanza. Entriamo nell'atmosfera. L'attrito ci fa ballare.

«Dannazione Karl la temperatura sta salendo, tutti i sensori sono fuori scala.» Angie dà istruzioni al sistema con una sola mano mentre con l'altra si regge alla consolle.

Tutta la plancia si illumina di spie che lampeggiano accompagnate da allarmi. I nostri monitor mostrano lo schema della nave illuminato di rosso dove gli indicatori hanno raggiunto il loro limite. La nostra nave è in difficoltà. Il battito del cuore mi rimbomba nelle orecchie e solo l'addestramento non mi fa chiudere gli occhi.

Attivo le procedure per rallentare la discesa e a poco a poco riprendiamo il controllo. Davanti a noi le nuvole si aprono e vediamo un oceano, non saprei dire quale.

«Karl. Il sistema ha individuato una zona abbastanza grande qui vicino dove poter atterrare.»

Mi indica il monitor, ma non abbiamo scelta è il sistema che decide.

«Va bene, avvia il pilota automatico per l'atterraggio.» Stringo i denti. Solo pochi istanti. Odio gli atterraggi, non sono quasi mai prevedibili e sul più bello ti trovi con il culo per terra.

La nave atterra con uno scossone.

Angie impreca. «Lancio la diagnostica.»

La nave è la nostra casa e anche se siamo a destinazione, sapere che non è danneggiata mi dà un senso di sicurezza.

Restiamo per un attimo seduti alle nostre postazioni. Prendiamo fiato.

«Stai bene?»

«Sì tutto a posto.» Seguo lo sguardo di Angie e guardo fuori.

Vedere il pianeta Terra aveva smosso qualcosa nel profondo, ma ora sono senza fiato. La luce, la vegetazione, il cielo hanno qualcosa di irreale e sacro.

«Temperatura 25°C, pressione 1100 hPa, 45% di umidità.» Angie si sgancia l'imbragatura. «Dai andiamo! Come diavolo fai a rimanere lì seduto?»

Ci avviamo lungo il corridoio in silenzio. Ripasso le procedure. Ho paura. L'aria aperta non l'ho mai provata, non so cosa mi aspetta.

«Angie, prendiamo i caschi e il materiale per i campioni.» Sbuffa ma obbedisce. È impaziente, la conosco.

Mi infilo il casco e la seguo. Lei percorre a grandi passi l'ultimo tratto di corridoio e si ferma davanti al portellone. Aspetta che gli faccia un cenno e inserisce il comando. Il portellone si apre.

L'aria interna e quella esterna si scontrano e avverto una leggera spinta verso l'interno, forse è solo la paura che mi trattiene. Faccio un passo per scendere ma urto contro Angie che a sua volta sta avanzando, la lascio passare. Siamo atterrati in una pianura, attorno a noi ci sono grandi alberi. Assomigliano alle piante delle coltivazioni idroponiche, ma queste sono enormi. Sono verdi, ma di un verde brillante che non ho mai visto, il cielo sopra di noi è azzurro come gli occhi di Angie. Mi volto a guardarla.

«No! Che stai facen—» non riesco a fermarla. Mi sorride con il casco aperto, inspira con gli occhi chiusi.

«Dai Karl! È sicuro.» Mi fido di lei ma temporeggio e guardo l'analizzatore ambientale sul mio braccio. So che la mia è solo paura.

Sento un rumore secco e il mio casco si apre. Annaspo. Angie è accanto a me e ha usato lo sblocco d'emergenza. Non riesco a respirare. L'attacco di panico mi stringe il petto.

«Calmati Karl, va tutto bene, devi respirare.» Lo schiaffo mi riporta alla realtà, al qui e ora. Inspiro. Espiro. Inspiro di nuovo. L'aria ha un buon sapore, è fresca. La mia mente si schiarisce. Mi guardo attorno di nuovo.

«Cosa ti è saltato in testa? Sei pazza?» Angie non mi sente, si è già allontanata.

Dobbiamo controllare la zona. Mi volto verso la nave. «Sistema, chiudere portellone.» Meglio essere prudenti.

Mi dirigo verso la mia compagna. Camminando pesto qualcosa che emette un rumore secco spezzandosi. Dagli alberi attorno si alzano decine di piccole figure scure che iniziano a volare.

«Uccelli, Karl! Sono uccelli, sono tantissimi.»

Li osserviamo a bocca aperta, si muovono in volo come avessero una mente sola.

Ridiamo. Siamo finalmente a casa.

«Angie ce l'abbiamo fatta.» Le sorrido. «Raccogliamo dei campioni e vediamo se la realtà è bella come sembra.»

Un insetto dalle ali colorate mi vola attorno e va a posarsi su un fiore. Tutta la vita che mi circonda mi lascia sconcertato. Il ronzio degli insetti, il canto degli uccelli, il rumore delle foglie mosse dal vento. Il vento è una sorpresa, nella nave l'aria è ferma, mossa appena dal sistema di ventilazione. Qui sembra viva. Passiamo un po' di tempo a raccogliere campioni del suolo e porzioni di vegetali senza parlare.

«Karl, sento un rumore d'acqua. Sarebbe magnifico prendere un campione anche di quella.» Mi sorride e saltella, non posso che annuire e seguirla.

«Non allontaniamoci troppo però.» Glielo gridò perché con il suo passo veloce si è già infilata nella vegetazione.

La seguo facendomi strada fra i cespugli. Esco in una grande distesa di grossi sassi bianchi che terminano sulla riva di un fiume. L'acqua scorre con forza e il suo rumore riempie l'aria.

«Prendi un campione e andiamo, se è potabile torneremo più tardi con delle taniche.» Mi sembra impossibile che tutta quell'acqua possa esistere e sia libera di scorrere senza controllo.

«Potremmo fare un bagno.» Angie mi strizza un occhio e dopo aver riposto il campione fa per sganciarsi la tuta.

«È fuori discussione. Non senza le analisi. È già imprudente non avere il casco. Il nostro sistema immunitario non è pronto a questo.» Mi volto per farle capire che la discussione è chiusa e mi avvio verso la nave.

«Guastafeste.»

Dovrò sopportarla brontolare, ma a volte ha troppo entusiasmo. Usciamo dai cespugli. La nave è ancora lì. Non so perché questo mi sorprenda, forse è il fatto di vederla da fuori.

«Hai sentito?»

«Cosa?» Mi risponde stizzita.

«Fai silenzio!»

Un fruscio sempre più vicino. Faccio un passo indietro e impugno il mio storditore. Non so cosa stia per uscire dalla vegetazione e non so se servirà a qualcosa. Una ragazza minuta corre nella nostra direzione guardandosi alle spalle. Non ci vede e mi finisce addosso. Cade a terra davanti a me. Mi guarda con gli occhi sbarrati dal terrore, guarda Angie e si volta verso gli alberi cercando di rialzarsi e scappare ancora. La trattengo per un braccio.

«Angie dammi una mano.» La ragazza si divincola e mi strattona.

«Gle favene su?» È terrorizzata.

«Dammi un traduttore, svelta.» La paura della ragazza non mi fa stare tranquillo.

So che quello che sto per fare non le piacerà, ma dobbiamo sapere se ci son pericoli.

La bellezza di questo posto ci ha distratti, siamo senza casco, ci siamo allontanati dalla nave, devo riprendere il controllo.

«Karl. Tieni.» Angie mi porge un piccolo cubo.

«Stai ferma.» Blocco a terra la ragazza che scalcia e urla. Le poso il traduttore sulla tempia e questo si sposta all'interno dell'orecchio. La vedo roteare gli occhi. La lascio andare. Con le mani si tiene la testa.

«Cosa sta succedendo?»

Mi fissa sorpresa.

«Cosa sta succedendo? Da cosa stai scappando?»

Si alza e ricomincia a correre. Angie la blocca.

«Scappate, scappate, stanno arrivando.» Urla disperata e non deve dircelo di nuovo.

Dal bosco arrivano forti tonfi e il rumore delle piante che si spezzano. Cominciamo a correre verso la nave.

«Vieni di qua, svelta.» Afferro la ragazza per un polso. «Sistema, aprire portellone!»

Corriamo sulla passerella senza fermarci. Continuo a trascinarmi dietro la ragazza. Mi volto verso l'esterno e vedo un robot. Ha una forma umanoide. Gli arti sono più lunghi rispetto a quelli di un uomo, questo lo rende più alto. Tende le braccia nella nostra direzione e fa un passo sulla passerella.

«Sistema, chiudere portellone!»

Angie mi precede. Siamo al sicuro. Forti colpi cominciano a scuotere la nave. Il robot non sembrava tanto grande da poter danneggiare la nave.

«Stanno arrivando.» La ragazza si è rannicchiata in un angolo.

«Quanti sono?» La prendo per le spalle e la costringo a guardarmi.

«Centinaia…» Sussurra.

«Decolliamo, presto.»

Angie si è già diretta in plancia. La raggiungo. I colpi continuano, attivo la telecamera esterna. Le figure scure dei robot circondano la nave che alzandosi da terra fa cadere quelli che tentavano di arrampicarsi sullo scafo. La procedura di emergenza ci porta in orbita in pochi minuti.

Mi lascio andare sulla sedia della mia postazione, la testa fra le mani. Non so cosa provare se sollievo o delusione, sono arrabbiato con me stesso per aver abbassato la guardia, per averci messo in pericolo.

«Chi siete?» La ragazza mi guarda sconcertata, poi rivolge lo sguardo alla Terra di nuovo circondata di stelle.

«Io sono Karl e lei è Angie.» Non so cosa aggiungere. «Tu chi sei?»

«Lara.» Non sembra voler aggiungere altro.

«Cos'erano quelli?» Dobbiamo capire quali pericoli ci aspettano.

«Correttori.»

«Cosa correggono?» Angie le si è avvicinata.

«Il numero delle persone.» Ci osserva. «Da dove venite?».

Non sono sicuro della risposta giusta da darle.

«Veniamo da qui. I nostri antenati sono partiti secoli fa, ma la nostra colonia è stata distrutta.»

«Non c'è posto qui.» Nei suoi occhi c'è rabbia.

«Cosa vuoi dire? Dai nostri sistemi sembra che la Terra sia abitata, ma in misura molto ridotta rispetto al momento della partenza della nostra gente.»

«Si e così deve restare.»

«Cosa vuoi dire?»

«La popolazione non deve crescere.» Tace di nuovo.

«Dannazione vuoi spiegarci perché quelle macchine ci hanno quasi ucciso?» La mia paura di aver di nuovo perso tutto mi riempie di rabbia.

«Un paio di secoli fa ci fu una catastrofe, la popolazione fu costretta a nascondersi e fu decimata. Un secolo dopo qualcuno provò a uscire. Quello che aveva costretto l'umanità a fermarsi non era più un problema e i sopravvissuti ritrovarono un mondo nuovo, la natura aveva ripreso il controllo, aria e acqua erano di nuovo pulite, gli animali avevano ripopolato il mondo. Era un paradiso.»

«Cosa sono quei robot?» La incalzo.

«Quelli che governavano decisero che le cose dovevano rimanere così. Ci contarono. Eravamo circa un miliardo. Hanno creato un'intelligenza artificiale che mantiene il controllo della popolazione. A ogni nuova nascita il numero deve essere ripristinato, di solito è la comunità che se ne occupa. Se la nascita è tenuta nascosta, i correttori entrano in azione in modo del tutto casuale, il primo che incontrano muore.»

«È terribile.» Angie sospira.

«Cosa è successo oggi?»

«Ero in cucina, Hugo era in giardino, abbiamo sentito gridare Erika la vicina, abbiamo pensato che qualche egoista avesse messo al mondo un bambino in segreto.» Si passa una mano sul viso per asciugarsi le lacrime. «Sono uscita. Sapevo che se il correttore era andato via non c'era più niente da fare per Erika. Ho sentito Hugo gridare. Il correttore non aveva finito. Due vite per due vite.» Mi pianta gli occhi pieni di odio in faccia.

«Cosa vuoi dire?» In realtà lo so, ma non voglio ammetterlo.

«Non capite vero? Siete stati voi! Quando siete atterrati il conto non tornava, c'erano due persone in più e i correttori hanno riportato il conteggio in pari. Ma La vostra grande astronave deve aver generato qualche altro problema perché il correttore dopo aver ucciso Erika e Hugo è tornato indietro e ha cercato anche me, il conto non torna. Voi siete in due, perché non si è fermato?»

Forse il danno che abbiamo fatto è ben più grave. Lara continua a piangere.

«Noi non siamo in due.» Guardo Angie. Dal suo sguardo capisco che non è d’accordo, ma le dobbiamo la verità.

«Quanti siete?» Percepisco la paura di Lara e sento crescere dentro di me il senso di colpa.

«Vieni con me.» Mi alzo e faccio segno a Lara di seguirmi.

Percorriamo il corridoio che porta verso il centro della nave, mi avvicino a un portello e lascio che Lara guardi all'interno, dove si trovano i nostri compagni ancora in sospensione. Le capsule sono migliaia, le une accanto alle altre. Lara cade in ginocchio. «Quanti?»

«Ventimila uomini, venticinquemila donne e ottantamila embrioni congelati.»

Una lacrima mi scende sul viso, abbiamo appena ucciso migliaia di persone ignare, tante quante volevamo salvarne. Torno in plancia. Mi chiedo se la Terra valga questo prezzo.


©Tutti i diritti riservati.


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