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  • Immagine del redattoreLaura Ctt

Ritardo

Arriviamo alle coordinate inviate dal Comitato per l’evacuazione. La nostra astronave è un vecchio catorcio, ma era la più grande che siamo riusciti a trovare, il nostro è uno dei pochi casi in cui la quantità prevale sulla qualità. Giriamo attorno a Anthares 372. Tratteniamo il respiro e lo oltrepassiamo.

Lo spazio è vuoto. Non c’è nessuno.

Lo sapevo! Non ci hanno aspettati. Non potevo aspettarmi altro da uno come il Generale Kovich. Quella testa di legno se ne frega del nostro carico. Ho perso mesi a rintracciare e catalogare ogni campione di Dna di animali terrestri in vita e estinti, a recuperare i semi di ogni pianta che fosse disponibile. Quel coglione non ha aspettato. Non sono neanche in ritardo, chi non aspetta un’ora in più in un evacuazione per salvare l’umanità?

Kyro si avvicina.

«Dove sono?»

«Non c’è nessuno. Non ci hanno aspettato.» Scuoto il capo.

«Avremmo dovuto partire con un giorno in anticipo.»

«Dimmi Kyro, cosa avrei dovuto lasciare? Le specie marine? Oppure i grandi erbivori? Certo forse intendi i semi delle succulente, magari saremmo finiti tutti in un pianeta desertico e ti avremmo ringraziato.»

«Beh, non finiremo da nessuna parte.» Mi risponde stizzito. «Avrei rinunciato a tutti quanti in cambio della vita.»

«È tutta colpa di quel bastardo di Kovich se la starà ridendo ora, maledetto.» Batto il pugno sulla plancia di comando.

«L’appuntamento era per un’ora fa, lui aveva la responsabilità di portare in salvo tutti.» Se ne va lasciandomi a fissare le stelle.

Fa presto lui a giustificarlo. Non sa che razza di verme sia. Ha sterminato un intero ecosistema alieno per terraformare il pianeta Kepler-452 b nella costellazione del Cigno, figurarsi se gli importa di salvare qualcuno. Mi aveva promesso vendetta quando l’ho denunciato alla Commissione per la colonizzazione, lui se l’è cavata con una tirata d’orecchi, ma non ha gradito la mia intromissione.

Ceniamo in silenzio. La carne sintetica stasera sa di plastica più del solito, una parte di me scenderebbe nel ventre dell’arca e arrostirebbe un capretto. Tanto ormai sono spacciati anche loro.

Lo spazio infinito ci sbircia da fuori. Il vuoto. Tutto sembra così pulito. Niente a che vedere con il caos che abbiamo lasciato. Sul pianeta i mezzi terrestri abbandonati nelle strade, le case vuote lasciate con le porte aperte per dare la possibilità a chi non può mettersi in salvo di godersi i suoi ultimi giorni.

Il vuoto. Nessuna nave.

«Nessuna nave!» Esclamo.

«Cosa?» Kyro mi guarda con la forchetta a mezz’aria.

«Non ci sono navi. Nessuna, neanche una nave subluce abbandonata.»

«Cosa sta dicendo?» Si riempie la bocca e continua a mangiare.

«Pensa allo spazioporto, la gente lasciava le macchine in strada, sulle aiuole e saltava sulle navi. Qui avrebbero dovuto lasciare i mezzi subluce per salire sulla Starwatch!»

Lo afferro per le spalle e lo scuoto. Lo costringo guardare fuori.

«Dov’è la spazzatura?»

Spalanca gli occhi, ha capito.

«Controllo le coordinate.»

Si dirige di corsa in sala comandi. Lo seguo, lo vedo consultare le mappe, il navigatore e il messaggio con le coordinate del Comitato per l’evacuazione.

Il sistema elabora i dati che inserisce nel computer. Le sue spalle si abbassano. Si volta verso di me.

«Siamo nel posto giusto. Anche se non lo fossimo, poco importa, ormai saremmo comunque in ritardo.»

Imposta la rotta in orbita intorno ad Anthares 352.

«Andiamo a dormire domani penseremo a cosa fare.»

Non c’è solo rassegnazione nel suo sguardo, so che mi da la colpa del nostro ritardo. Una parte di me sa che ha ragione, adesso non me ne frega niente dei grandi erbivori.

Dopo sei ore di sonno mi alzo. Siamo spacciati, non riesco a dormire. Sto bevendo il mio caffè quando Kyro mi raggiunge in cucina. Si mette accanto a me a guardare l’alba. La luce della stella comincia a filtrare oltre l’orizzonte curvo del pianeta. Restiamo in silenzio. Gli volto le spalle e vado a mettere la mia tazza nel lavandino.

«Professore, corra!»

Lo raggiungo davanti al vetro. A poco a poco, oltre alla luce della stella, dalla curva del pianeta comincia a emergere la sagoma della Starwatch circondata da centinaia di navi più piccole pronte ad attraccare.

Ci guardiamo e corriamo in sala comando. Sullo schermo una chiamata dall’ammiraglia.

La mano mi trema mentre accetto la comunicazione.

La faccia di Kovich riempie lo schermo.

«Ben svegliato professore. Dormito bene?»

Combatto fra l’odio che provo per quel mostro e il sollievo nel vederlo. Non riesco a rispondere, non è un problema, ama il suono della sua voce e continua a parlare.

«Sono rimasto sorpreso di trovarti qui in anticipo. Avevi paura che ti lasciassi qui con tutte le tue bestiole?»

Guardo Kyro che effettua ricerche sul computer di bordo, poi sorridendo scuote il capo e mi guarda con sollievo. Mi mostra sul monitor il messaggio del Comitato:


Cinquantatreesimo turno di evacuazione.

Sistema Anthares 352.

Coordinate 54h 36m 40,04s, −80° 13′ 28,1″ (J2000)

Partenza 04 giugno ZULU 11.00 p.m.


Con il dito mi indica l’ora. Batte il dito su p.m. Mi mette una mano sulla spalla e esce dalla sala comando mentre io mi accordo con Kovich per l’attracco.


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