Il battesimo del fuoco.
- Laura Ctt
- 14 giu 2021
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 30 set 2021
L'alba era iniziata e la luce filtrava fra le assi che chiudevano le finestre. Tadora si rigirò nel suo giaciglio facendolo scricchiolare. Un fruscio accanto a lei le fece sapere che non era la sola che si stava svegliando ma evitò di aprire gli occhi. Fuori il canto degli uccelli spezzava il silenzio. In lontananza riusciva a sentire lieve lo scrosciare del ruscello.
Un vagito. Si mise seduta e osservò gli altri quattro giacigli nella stanza. Le ragazze dormivano ancora, ognuna con accanto la sua bambina. Una delle piccole piangeva, la madre si scostò le vesti e senza aprire gli occhi, le infilò in bocca un seno per farla tacere. La piccola cominciò a succhiare avidamente riportando il silenzio nella stanza.
Le lame di luce, che filtravano ormai con più intensità, le permettevano di vedere abbastanza bene. Stava per alzarsi, quando uno schiocco attirò la sua attenzione. Rimase immobile ad ascoltare. Bisbigli e fruscii fuori del capanno. Un colpo spezzo il silenzio, poi un altro. Provenivano dalle finestre. Tadora si alzò, evitò il tavolo, afferrò l'ascia che tenevano accanto alla porta e l'aprì. Un uomo stava distruggendo il loro orto a calci e a colpi di bastone. Altri due appena giù del patio reggevano delle fiaccole.
«Che state facendo?»
Non riuscì a fare un passo fuori della porta, che venne spinta all'interno, mentre un nuovo martellare si aggiunse al di là dell'uscio. Colpì la porta con la mano libera.
«Aprite, aprite. Cosa state facendo?»
«Taci Strega!»
Il martellare aveva ormai svegliato tutti, le bambine piangevano. Le ragazze si guardavano attorno spaesate.
Tadora gettò a terra l'ascia e si diresse verso una delle ragazze, la prese per le spalle e la scosse.
«Cosa hai fatto?»
«Io? Io niente…»
«Ieri sei scesa in città, dove sei stata razza di stupida?»
Le altre si erano avvicinate, con le bambine che urlavano in braccio, aspettavano una risposta.
«Sono andata a fare provviste, come avevi chiesto.» Teneva lo sguardo a terra.
«E poi?» la scosse ancora costringendola ad alzare gli occhi.
«A vedere mia madre.» Rispose piano.
«Tua madre? Quella che ti ha cacciato a colpi di scopa?» La colpì in volto. «Posso immaginare che non ti abbia accolta a braccia aperte.»
La ragazza singhiozzava, incapace di parlare scosse la testa, gli occhi pieni di lacrime.
Dall'esterno continuava ad arrivare il rumore delle martellate che inchiodavano porta e finestre.
«Avresti almeno dovuto dircelo e darci la possibilità di scappare.» La allontanò da sé con una spinta.
Si guardò attorno in cerca di una soluzione. Del fumo cominciava a entrare, le ragazze corsero alla porta.
«Aprite, aprite! Fateci uscire!»
«Ci sono delle bambine qui dentro, per favore!»
«Prendete la bambine almeno.» Gridò una di loro, il volto rigato di lacrime.
«Zitte, sgualdrine! Al rogo voi, la strega e le figlie del diavolo!» La voce di uno degli uomini rispose urlando da distante.
Tadora si avvicinò brandendo l'ascia.
«Spostatevi.» Scansò le ragazze.
Colpì la porta ripetutamente. Il legno si intaccò ma non diede segno di cedere. Si spostò e cominciò a colpire la parete, sperava di avere più fortuna. Riuscì a far saltar e un pezzo di asse. Si abbassò per spiare cosa accadeva all'esterno. Il gruppo di uomini si era allontanato dalla casa e si stava godendo lo spettacolo. Qualcuno sembrava pregare, gli altri avevano il rancore e la vendetta dipinti in volto. Si alzò e posò l'ascia, non le avrebbero lasciate andare.
L'odore acre del legno bruciato riempiva la stanza era impossibile respirare senza tossire.
Una delle ragazze si era avvicinata alla porta e guardava nell'apertura.
«Pietro, sono io, Marisa. Ti prego non farlo.» Iniziò a urlare.
«Non ti permetterò di annebbiarmi la mente con le tue menzogne.»
Tadora fece un giro della stanza, il fumo ormai entrava da tutte le pareti. Le fiamme cominciavano a lambire il bordo interno delle finestre. L'aria del capanno era pregna di fumo e le ragazze si erano radunate al centro della stanza con le bambine.
Tadora prese la brocca d'acqua dal tavolo.
«Prendete un panno e bagnatelo. Tenetelo sulla bocca e sul naso, sedetevi a terra e state zitte dannazione!» Tutti i loro piagnistei non la facevano pensare.
Fece di nuovo il giro della stanza e si diresse al camino, mise la testa all'interno per capire se potevano uscire da lì. Era troppo stretto e non sarebbero mai riuscite a salire con le bambine. Si voltò a guardarle, le ragazze tossivano e fra le lacrime, che le riempivano gli occhi per il fumo, vide che due si erano accasciate a terra prive di sensi. Non le restava molto tempo. Si avvicinò alla porta e alzò le braccia. Chiuse gli occhi. Scosse la testa.
Ritornò verso il gruppo al centro della stanza. Le ragazze erano ormai tutte distese e allo stremo. Si inginocchiò accanto a una di loro. Le posò due dita sulla fronte e chiuse gli occhi, bisbigliò qualche parola. La ragazza a poco a poco si consumò, lasciando al proprio posto solo il mucchio di stracci che la ricopriva. Le bambine urlavano sempre più forte. In ginocchio si spostò verso quella più vicina. Riservò anche a lei lo stesso trattamento.
Marisa aprì gli occhi.
«Cosa stai facendo?»
Nessuna emozione passò sul suo viso.
«Che tu sia maledet—» Non finì la frase.
Tadora sorrideva, gli occhi tinti da un bagliore rosso sempre più intenso. Prese anche l'ultima vita e si alzò. Le quattro bambine al centro della stanza continuavano a piangere. Le lasciò lì, accanto a quello che restava delle madri. Il fuoco aveva invaso ormai l'intero capanno.
La porta bruciava. Con un gesto della mano la fece saltare. Avanzò fra le fiamme. Gli uomini davanti a lei fecero un passo indietro. Alcuni si segnarono.
Sorrise.
Volse i palmi al cielo. La sua figura si stagliava scura nella luce del fuoco. La videro muovere appena le labbra e le fiamme scomparvero, come risucchiate nel profondo dell'inferno. Fece un altro passo verso gli uomini attoniti.
«Va de retro demonio!» L'uomo, che sembrava essere il capo, alzò una croce verso di lei.
Tadora abbassò appena il viso, aprì le braccia e le labbra. Le fiamme, che fino a poco prima avevano bruciato intorno a lei, scaturirono come un fiume in piena dalle sue mani e dalla sua bocca, come se stesse vomitando l'inferno.
Il vecchio davanti a lei ne fu investito senza avere il tempo di decidere cosa fare. L'odore della carne che bruciava si aggiunse a quello del legno. Le sue urla, mentre veniva consumato dalle fiamme, fecero arretrare i compagni, rimasti immobili per la sorpresa.
Tadora indirizzò il viso verso quello più vicino continuando a spargere fuoco in ogni direzione. Nessuno sarebbe fuggito. Uno a uno li bruciò tutti, lasciando a terra solo piccoli mucchi di cenere fumante. A caccia finita si fermò, chiuse la bocca e serrò i pugni lasciando che le fiamme fossero di nuovo relegate all'interno. I suoi occhi ardevano come tizzoni.
Tornò sui suoi passi. Passò là dove prima si ergeva la porta e raggiunse il centro della stanza. Le quattro bambine urlavano nude e illese. Gli stracci che le avevano coperte fino a poco prima erano bruciati con tutto il resto. Il fuoco le aveva purificate da tutto quello che di umano le aveva circondate. Le lasciò, urlanti, dov'erano e si allontanò.
Ritornò con uno dei cavalli lasciati dagli uomini. Tornò a guadare le bambine. La morte delle madri era un problema, lei non aveva nessuna intenzione di badare a loro nell'attesa che si compisse il loro destino. La sua bocca si stese in un sorriso maligno.
Quella notte, scese in paese. Si mosse nell'oscurità e in silenzio fra le case addormentate.
Ora non le restava che una bambina. Si fermò davanti a una porta di legno scuro. Alzò una mano e l'uscio si aprì senza rumore. Silenziosa come un'ombra entrò. Raggiunse la stanza dove la famiglia dormiva e si avvicinò alla culla. Una bambina paffuta riposava tranquilla. Le pose due dita sulla fronte e appena la culla fu vuota mise la sua bambina all'interno, passò una mano su di lei mutandone l'aspetto in quello dell'altra.
Quella gente avrebbe cresciuto le bambine, le avrebbe amate e senza saperlo avrebbe allevato la propria fine.
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